TRA IL SENIO ED IL SANTERNO, pubblicazione di carattere sociale, civile e culturale per il territorio del Comune di Solarolo, a salvaguardia della sua identità, delle sue origini, della sua storia e delle sue istituzioni, sostenuto, curato e realizzato da COOP. LIBERTAS SOLAROLO Registrazione della testata: Tribunale di Ravenna, Num. Reg. Stampa 1463, data del Decreto che autorizza la registrazione: 16/02/2021. Sede, Redazione, Amministrazione: Corso Mazzini n.31 - 48027 Solarolo (RA) Proprietario ed Editore: Coop. Libertas Solarolo Soc. Coop. a.r.l. Direttore responsabile: Maurizio Cortesi. Lo stampato viene distribuito gratuitamente ad ogni indirizzo di Solarolo. Ciò è reso possibile poiché il giornale si sostiene economicamente con i soli corrispettivi dei suoi inserzionisti.

lunedì 28 dicembre 2020

2021-01 - Solarolo ieri, oggi e domani

Quando abbiamo iniziato a pensare a questo giornalino, la prima domanda che ci siamo posti è se potesse avere ancora un significato realizzare un lavoro di questo tipo.

La prima risposta è stata “perché no?”, ma poi abbiamo approfondito l’argomento alla ricerca di quel qualcosa che ci convincesse almeno a tentare questa “avventura”.


Ragionando su questo siamo giunti alla conclusione che non dobbiamo vendere un prodotto per il quale va fatta un’analisi di mercato per vedere l’interesse che può riscuotere, ma abbiamo il dovere di far qualcosa per il nostro paese contribuendonostro paese contribuendo a farlo conoscere ai propri cittadini.

Solarolo ha un’identità ben definita, frutto di una memoria storica, dello spirito di iniziativa di alcuni cittadini e soprattutto ha un futuro davanti a se.

Forse gli unici che non lo sanno siamo proprio noi solarolesi.

Ed è per questo che vogliamo provare a dare il nostro contributo portando nella case di tutti un po’ di storia di Solarolo, coinvolgendo in questo tutti coloro che ci vorranno aiutare e vorranno collaborare con noi.

Chiediamo il vostro aiuto per non dimenticare cose, persone, avvenimenti accaduti ed il valore che hanno avuto per la comunità.

Fra le varie iniziative in cantiere vogliamo istituire un premio che rappresenti la riconoscenza di un paese nei confronti delle persone o delle associazioni che si sono distinte in ambito sociale, culturale, sportivo ecc... ecc...

Individuare quelle persone che possono essere con le loro azioni di ispirazione agli altri, non i soliti noti, ma anche coloro che nel loro piccolo si danno da fare.

Stiamo preparando un regolamento, per ora vi chiederemo di aiutarci segnalandoci le persone o le associazioni che secondo voi meritano un riconoscimento motivandoci la vostra scelta.

Noi ci vogliamo provare, per questo vi chiediamo di sostenerci e di aiutarci, poi vedremo come andrà a finire.

LA REDAZIONE

domenica 27 dicembre 2020

2021-01 - IL GIORNALINO E LA COOPERATIVA LIBERTAS - Obiettivi

di Francesco Baldi

Obiettivi dell'iniziativa

Nel 2020 la Cooperativa Libertas aveva un appuntamento importante nel quale si doveva decidere se proseguire la nostra attività o se considerare chiusa l’esperienza.

Ci siamo incontrati, ci siamo confrontati ed abbiamo deciso di andare avanti, di evolvere abbracciando i nostri tempi e di rilanciare la nostra azione.

Abbiamo così iniziato a rivedere lo statuto, le cariche e gli obiettivi futuri.
E’ nostra intenzione porci al servizio della comunità, di adoperarci per promuovere il nostro territorio e di diventare una presenza nota ed attiva nel nostro paese.

Il primo passo programmato è quello di realizzare un giornale che arrivi nelle case dei solarolesi. Un giornale che non vuole andare in concorrenza con altri già attivi, il nostro scopo è quello di fare qualcosa di nuovo, di diverso, di diventare una “vetrina” dove parlare dei personaggi passati e presenti di Solarolo, delle attività e delle associazioni che operano nel nostro paese e degli eventi che vengono organizzati.

Vogliamo mettere il nostro lavoro al servizio della comunità e, come dice il titolo “tra il Senio ed ilSanterno”, ci occuperemo solo di quanto avviene o è avvenuto fra le “nostre mura”. Non abbiamo la presunzione di occuparci di fatti di cronaca nazionale o di commentare la politica, questo ruolo compete ad altri.

Siamo attenti a quanto avviene nel nostro paese e quindi non chiuderemo gli occhi davanti a cose che secondo noi non vanno bene, ci faremo portavoce dei problemi di chi magari pensa di non avere una voce, ma saremo pronti anche a lodare tutto ciò di buono che viene fatto e che arricchisce la nostra comunità.
Un giornalino di Solarolo per Solarolo, aperto a tutti.

Nel nostro “lavoro” ci crediamo tanto che ci mettiamo letteralmente la faccia a fianco di ogni titolo. Vi invitiamo quindi a collaborare con noi, a segnalarci ogni cosa riteniate interessare il paese, contattando la nostra redazione all’indirizzo email redazionesenioesanterno@gmail.com

L’unica nostra ambizione èquella di auto-sostenere economicamente questo giornalino mettendo a disposizione spazi promozionali per le attività, gli eventi e le iniziative che vorrete pubblicizzare sulle nostre pagine.

Grazie al vostro contributo riusciremo così ad arrivare puntualmente nelle case dei solarolesi.

Luigi Mainetti

VAI ALLA STORIA DELLA COOPERATIVA LIBERTAS


2021-01 - Una chiacchierata con FRANCO

di Giovanni Barnabè
INTERVISTE

Una chiacchierata con FRANCO

E’ stato nel corso di uno degli incontri in cui si pensava a cosa inserire nel giornalino che a Francesco è venuta l’idea di parlare di Franco.

Così con Luigi, compagno della sorella di Franco, ci siamo accordati e sono andato una sera da loro per parlare un po’.

Non c’era un’idea di precisa di cosa dovesse uscire da questa “chiacchierata”, conoscevo Luigi di vista e Franco è una di quelle persone con le quali ti incontri spesso per il paese.

Arrivo così a casa loro e vengo accolto da Franco, da sua sorella ..., suo nipote ... e da Luigi.
Franco si è trasferito a Solarolo con sua Sorella 25 anni fa e subito cercato di integrarsi facendosi tanti amici. Ha fin da subito cercato di collaborare con la comunità il più possibile.

Ha fatto vari lavori, e non gli dispiacerebbe essere ancora utile, anche se l’età, non è più un ragazzino avendo superato i sessanta, e l’acutizzarsi di alcuni problemi fisici ne limitano le possibilità, ma lui non si arrende.

Certo che questa pandemia e la stagione non aiutano molto chi, come lui, ama ed ha bisogno di stare in compagnia, e di vedere i suoi amici.

I suoi amici... Franco non si lamenta tanto della mancanza di strutture, di sostegni o di chissà cosa, Franco soffre la mancanza dei suoi amici, alcuni dei quali non ci sono più ed hanno lasciato in lui un meraviglioso ricordo, ma anche un vuoto incolmabile.
Si commuove quando il ricordo va ad Antonio Cruciani.
Lo portava spesso con se, lo accompagnava alle visite ed era sempre pronto ad intervenire per qualsiasi necessità.
Una lacrima la dedica anche alla Sig.ra Cantagalli, un’altra grande amica che gli ha lasciato un ricordo meraviglioso.

Poi ci sono altri tre amici speciali che condividevano con lui tanti momenti: Gian Luca Conti, sempre pronto ad aiutarlo e a fare due chiacchiere con lui, Roberto “Ugo” Reali che quando lo incontrava al bar o in piazza non lo lasciava mai andare a casa ma lo coinvolgeva in tutte le discussioni che intratteneva con le persone che c’erano e infine Domenico “Mimmo” Laudante, compagno di tanti momenti.
L’espressione di Franco è molto malinconica quando si parla di queste persone, gli occhi sono lucidi, ma c’è comunque un sorriso sul suo volto.
Si vede che si sente un po’ più solo, ma la sorella, al suo fianco da sempre, i nipoti e Luigi cercano di non fargli mancare nulla.

Amici ne ha altri, e ci tiene a dirlo, cita i volontari della Mons. Babini che con la loro opera rappresentano un supporto fondamentale per lui e per la sua famiglia, parla di Fosco con il quale ha lavorato tante volte alle varie Feste della Proloco e che lo fa sempre sentire importante, e poi c’è il Dottor Turrini, sempre disponibile e sorridente.

Ma guarda che serata è venuta fuori, ci si poteva lamentare di tutto e di tutti, invece è stato un bellissimo incontro dovi mi hanno chiesto di me, dove ci siamo scambiati pensieri, dove abbiamo ricordato persone splendide, dove abbiamo riso, dove ho capito che le uniche cosa di cui Franco ha bisogno sono rispetto e compagnia.

Il rispetto è qualcosa di semplice, basta anche solo lasciar libero un parcheggio riservato (l’intera superficie del parcheggio) o il continuare con l’abbattimento delle barriere architettoniche.

Utile sarebbe anche informare correttamente e dettagliatamente le persone su eventuali sostegni o aiuti cui hanno diritto.

La famiglia di Franco non ama piangersi addosso, i problemi preferisce affrontarli e risolverli.


Magari quando incontriamo Franco in giro per Solarolo oltre a un sempre gradito “ciao Franco”, aggiungiamo un semplice “come stai?” gli farebbe molto piacere.


 

 

 

NOTE DELLA REDAZIONE :

In caso di necessità, per l'assistenza ai famigliari, vi invitiamo a contattare i servizi istituzionali o di volontariato che sono a disposizione per fornirvi assistenza, informazioni o per indirizzarvi a chi di competenza.


2021-01 - I PROTETTORI DI SOLAROLO E LA FESTA DEL PATRONO

di Lucio Donati

I PROTETTORI DI SOLAROLO E LA FESTA DEL PATRONO
IL 20 GENNAIO NELLA STORIA

Intorno al 1776, in occasione della ristrutturazione della trecentesca Chiesa Arcipretale su progetto del faentino Giuseppe Pistocchi, fu distrutta una pittura murale datata 1485 raffigurante la Madonna, S.Antonio abate e S. Sebastiano; dal 1543 al 1573 nella stessa chiesa è censito un altare dedicato al Santo trafitto dalle frecce; se le preghiere dei Solarolesi erano dunque rivolte anche a quest’ultimo, è comunque indubbio che l’elezione a patrono avvenne non prima del 1536, poiché al 20 gennaio di tale anno sappiamo di una “bellissima festa” che si svolgeva a Stignano, località che dava il nome ad una antica circoscrizione territoriale, poi scomparsa, che comprendeva parte delle attuali parrocchie di Felisio e Gaiano.
È plausibile che in origine una devozione particolare fosse riservata alla titolare della Chiesa, la Beata Vergine, a cui la specifica di “Assunta in cielo” sarà stata attribuita in un secondo tempo.
Nel 1563 è menzionata la Confraternita di S. Sebastiano.
Se dunque verso la metà del secolo XVI S. Sebastiano può risultare nostro patrono, il ruolo doveva essere condiviso con S. Rocco: infatti le statue in terracotta dei due Santi facevano bella mostra nella facciata della chiesa del Rosario, costruita fra 1578 e 1584; queste due pregevoli opere d’arte sono andate perdute a causa del secondo conflitto mondiale.
Siamo comunque a considerare due Santi invocati contro le pestilenze, per cui è logico supporre che siano stati eletti a protettori, insieme o distinti, in occasione di grave calamità in tal senso.
Dal Settecento i due Patroni figurano insieme anche in documenti ufficiali della Comunità, oppure in opere di committenza privata, quale la targa ceramica datata 1726 e recante il nome di don Gregorio Manzoni.

Nell’Ottocento si affievolisce la devozione nei riguardi di S. Rocco, mentre già da un secolo i Solarolesi si rivolgono fiduciosi alla loro Madonna della Salute che nel 1904, con autorizzazione della Sacra Congregazione dei Riti, viene riconosciuta Patrona e Protettrice del Comune.
Tornando a S. Sebastiano, appare indubbio che il relativo culto locale sia da mettere in relazione con la fondazione del Convento dei Servi di Maria a Solarolo, nella cui chiesa si conservava oltretutto una reliquia del Santo (oltre a quella di S. Rocco), elemento questo certamente fondamentale e che fece passare in secondo piano la dedicazione canonica.
Ricordiamo infine che al nostro Patrono furono intitolati la locale Cassa Rurale di Depositi e Prestiti, nel 1902, ed il Circolo ANSPI, nel 1978.
Per la festa del Patrono abbiamo notizia solamente dal secolo XVII, quando la Comunità contribuiva con somme di denaro, al pari della festa di S.Rocco; nel 1704 fu ordinato dal Vescovo di Faenza di ridurre le relative contribuzioni, le quali contemplavano anche le “spese inutili per trombetrieri e simili”: è probabile quindi che si volesse dare maggiore opportunità alle celebrazioni religiose rispetto alle civili.
Il Monte li Pietà, divenuto proprietario del complesso, aveva l’obbligo perpetuo di dispensare ogni anno, nella r,’sra del Patrono, scudi lino di pane benedetto al clero, alle confraternite e al popolo: tale pratica è definita “consuetudine antica”, per cui si può presupporre che fosse propria della famiglia religiosa fondatrice del Convento.
Dal XXI secolo, quando la ricorrenza di S. Sebastiano si celebrava entro il Castello, ci è nota la pratica di accendere un gran falò, con recupero finale delle braci; interrotta la tradizione, si tentò di ripristinarla ad inizio ‘900, come si legge nel Numero Unico E fug tsa Bastièn (Il fuoco di S. Sebastiano), dove gli acculturati locali davano sfoggio di prosa e poesia di stampo prevalentemente satirico.
La raccolta delle braci, che da una fonte (Giuseppe Romolotti) si dice riservata ai poveri del paese, può essere invece ricondorta a pratica propiziaroria generalizzata; leggiamo comunque un passo dalla pubblicazione suddetta: «Poi anche l’ultimo tizzo si spegne e le braci languiscono a poco a poco lanciando ora un pallido riverbero attorno.
Allora, alle risate allegre subentra diverso un trambusto di donne e fanciulli, che si provvedono con arnesi capaci del fuoco, che dovrà poi in quella sera di vigilia riscaldare dai focolari domestici». Tuttavia non è dato a sapere se questa tradizione fosse antica o meno.
In tempi più vicini abbiamo una nota circa le funzioni religiose nell’anno 1931, tra le quali si evidenzia la Messa solenne in musica, con Panegirico del Santo, certamente declamato da un valido predicatore. Dismessa nuovamente la festa civile nella seconda metà del Novecento, è stata riproposta dalla metà degli anni ‘90 per merito della Federcaccia, prima, ed in seguito della Pro Loco.

 

2021-01 - GUARDANDO IL CIELO - appunti di astronomia per tutti

 Roberto Baldini
Appunti di astronomia per tutti

Mi è stato chiesto di offrire un contributo "astronomico" al giornalino. Ogni occasione è utile per aiutare a recuperare la conoscenza del cielo che le luci e la frenesia della vita moderna ci hanno rubato quindi ben volentieri io e il Gruppo Astrofili Antares di Romagna cercheremo di soddisfare la richiesta.

Il problema più grande è riuscire a contenere nelle pagine di un articolo la mole spropositata di notizie e particolari che è possibile produrre anche limitandosi ad una piccola porzione di cielo. Non per nulla, nelle nostre serate dedicate alla divulgazione, ripetiamo sempre che con l'astronomia non si corre mai il rischio di annoiarsi.

Dovremo quindi condensare oppure limitare la quantità di suggerimenti mentre voi lettori dovrete ricevere gli indizi da approfondire da soli o in compagnia non appena sarà possibile farlo.

La notte, portando il buio pare accecare l'uomo ma, contrariamente a questo, rivela all'uomo la vera posizione e il valore inestimabile che possiede il pianeta sul quale si è ritrovato ad esistere.

La magia del cielo stellato, durante le serene notti invernali, si amplifica grazie alla presenza di costellazioni sfavillanti e ricche di stelle molto luminose. Imparare a riconoscere le costellazioni è un esercizio molto più semplice di quanto non si possa pensare ed è questione solo di buona volontà e di esercizio. Il cielo cambia costantemente ma in modo significativo le differenze si possono notare al cambiare delle stagioni, in pratica il cielo invernale non ha nulla a che spartire con quello estivo a parte il fascino e la grande quantità di cose da osservare.

La nebulosa di Orione (contenuta nella spada)
Partiamo da un esempio pratico riepilogando ciò che offre all'occhio nudo un "classico" cielo di GENNAIO.


Il cielo appare dominato dalla grande figura di Orione, dalla stella Sirio ovvero la stella più brillante del cielo e dall'asterismo del Triangolo Invernale. Orione è in assoluto la costellazione protagonista del cielo con la sua caratteristica forma a clessidra, le inconfondibili tre stelle allineate della cintura e la sua posizione a cavallo dell'equatore celeste ne fanno il punto di riferimento per gli osservatori del cielo di tutto il mondo.
Volendo muoversi con lo sguardo nel cielo cercando di riconoscere altre stelle partendo da quelle appena individuate in Orione, basta prolungare in direzione sud-est la linea tracciata dalle tre stelle della cintura e si giunge a Sirio, la stella più luminosa dell'intera volta celeste. Questa stella, assieme alla colorata Betelgeuse di Orione ed a Procione, un astro notevole nella costellazione del Cane Minore, costituisce il Triangolo Invernale. A sud di Sirio troviamo il corpo del Cane Maggiore che è segnato da una catena di stelle che prosegue verso sud-est.


A nord del Triangolo Invernale si distingue molto bene la costellazione dei Gemelli individuando senza fatica le due stelle principali Castore e Polluce mentre le altre stelle sono disposte secondo un rettangolo inclinato verso nord-est, quasi a voler "sfuggire" dal gruppo di stelle di Orione. Sfavillanti e inconfondibili a nord-ovest di Orione, in alto nel cielo, si estendono il Toro con Aldebaraan (il suo occhio) e l'Auriga con la luminosa Capella. Guardando ad est, con il passare delle ore, sale la figura del Leone, di forma trapezoidale, con la brillante Regolo sulla parte sud-ovest e, dopo la mezzanotte, seguendo la direzione indicata dal timone del carro maggiore, inizia a mostrarsi la brillante stella Arturo rasentando l'orizzonte col suo colore rossastro, che i bassi strati atmosferici possono far virare sul giallo-arancio.
In direzione nord, il Grande Carro inizia ad alzarsi rispetto all'orizzonte, disponendosi quasi verticalmente, mentre dalla parte opposta alla Stella Polare, procede il declino della W di Cassiopea.
Se avrete l'opportunità di trovarvi in una zona buia, al riparo da luci e inquinamento luminoso, potrete individuare il percorso della Via Lattea in cielo partendo da Nord-Ovest dalla costellazione di Cassiopea e andando verso Sud passando per Capella, proseguendo fra Gemelli e Orione verso Sirio.
L'unico "ospite" errante presente in cielo ad OVEST e ben visibile ad occhio nudo sarà MARTE, il pianeta rosso che già per tutto il 2020 ci ha dato spettacolo.

Detto questo abbiamo consumato solo l'antipasto. Ci sono ancora moltissime cose da sapere e non per nulla si scrivono interi libri dedicati al primo approccio al cielo stellato. Sicuramente può essere piacevole conoscere qualcosa in merito alla mitologia della costellazione protagonista ovvero di Orione.

MITOLOGIA E RACCONTI SCRITTI NELLA VOLTA CELESTE


Nel cuore dell’inverno possiamo vedere più stelle brillanti che in qualsiasi altra stagione e le costellazioni che contengono questi gioielli celesti sono tra le più spettacolari e fascinose. Si tratta di costellazioni antichissime, come Orione e il Toro, già usate dai Sumeri che vi rappresentavano Gilgamesh che combatte il Toro celeste. Invece secondo i Greci, a noi più vicini come tradizione, Orione era un gigantesco cacciatore dell’Isola di Chio, il più grande e il più bello tra coloro che andava a caccia coi suoi cani, rappresentati anch'essi in cielo dal Cane Maggiore, ove sfolgora Sirio, e da quello Minore, ove si pavoneggia la stella di Procione. Orione con i suoi cani cacciava la Lepre (costellazione sotto i piedi del gigante) e un giorno si imbatté nelle Pleiadi, le sette bellissime sorelle di cui si innamorò. Tale amore però, come ogni "buona" sceneggiatura da telenovelas pretende, non era corrisposto e Orione dovette accontentarsi dell’arte venatoria, in cui eccelleva. Un giorno, però, al culmine di un momento di arroganza si vantò di essere capace di uccidere qualsiasi animale sulla Terra, facendo indignare Gea, la dea della Terra, la quale fece uscire dalla Terra uno Scorpione che punse il gigante a morte. Esistono in verità molteplici varianti di questo mito, come Orione che combatte con il Toro o che coinvolgono altri personaggi, come Artemide, la dea della caccia, ma la trama finale non è molto differente al variare dei personaggi. Fatto sta che alla fine Orione fu ammesso tra le costellazioni del cielo e lo stesso destino toccò allo Scorpione, ma i due personaggi furono collocati volutamente in posizioni opposte in cielo affinchè restassero a distanza di sicurezza e quindi non fossero mai contemporaneamente presenti in cielo.

TESORI AL BINOCOLO o AL TELESCOPIO

Con un piccolo binocolo possiamo già trovare una grande quantità di tesori che l'occhio nudo ci nega. L'ammasso delle Pleiadi (M45) che individuiamo ad occhio nudo diventa ancora più interessante al binocolo rivelando un maggior numero di stelle mentre riuscendo ad eseguirne una foto a lunga posa (con le dovute attrezzature) appare magicamente colorato di nebulosità blu e azzurre. Orione fa bella mostra della nebulosa M42 facilmente osservabile nella sua spada appena sotto alla cintura e mentre la nostra visuale percepirà la nebulosa in intensi toni di grigio anche qui, eseguendo una foto, si riveleranno una molteplicità di colori che non sono percepibili dall'occhio umano a causa della loro flebile luminosità. Altri oggetti particolari da osservare con piccoli o grandi strumenti sono tantissimi, solo per citare i principali:

    l'Ammasso Doppio h+χ Per, in Perseo;
    M101, una galassia spirale nell'Orsa Maggiore;
    M31 la Galassia di Andromeda, nell'omonima costellazione;
    la Galassia del Triangolo, nell'omonima costellazione;
    M35, un ammasso aperto visibile nella costellazione dei Gemelli;
    M36, un ammasso aperto visibile nella costellazione dell'Auriga;
    M37, un ammasso aperto visibile nella costellazione dell'Auriga;
    M38, un ammasso aperto visibile nella costellazione dell'Auriga;
    M41, un ammasso aperto visibile nella costellazione del Cane Maggiore;
    L'Ammasso del Presepe, visibile in direzione della costellazione del Cancro.

Se non riuscirete ad osservare non disperatevi. La nostra associazione esiste proprio per condividere ed accompagnare chi lo desidera nell'esplorazione o nella contemplazione di quanto rivela la notte.

2021-01 - Ricordi di un vecchio scolaro : In memoria del professor Giovanni Pini

Mirko Banzola

In memoria del professor Giovanni Pini

Più di un secolo fa, il 9 febbraio del 1896, in occasione dell’anniversario dell’insegnamento del suo maestro Giosuè Carducci, Giovanni Pascoli pubblicò su Il Resto del Carlino un articolo dal titolo “Ricordi di un vecchio scolaro”, che rievocava il primo incontro con il grande poeta, professore all’Università di Bologna. Quando mi hanno chiesto di scrivere un mio ricordo del prof. Giovanni Pini, scomparso il 7 dicembre scorso all’età di 91 anni, ho subito pensato che non ero certo la persona più adatta a ricordarlo: io non sono mai stato suo “scolaro”, perché sono arrivato al Liceo di Faenza nel 1989, quando il professore era da poco andato in pensione.

Eppure, ripensandoci, devo riconoscere che la sua figura è stata un punto di riferimento costante nel corso dei miei studi, prima al Liceo e poi all’Università. La mia insegnante di lettere del ginnasio, che di Pini era grande estimatrice, ci parlava spesso di lui in toni entusiastici:
“E’ un uomo straordinario!” …
“Ha tradotto opere greche mai tradotte prima in Italiano” …
“E’ uno dei pochi che sa tradurre il greco antico a prima vista” …
“Potremmo chiamarlo per una lezione sull’Odissea, ma è troppo umile e non verrebbe mai”…


Ad essere sincero, devo confessare che in quegli anni faticosi, mentre mandavamo a memoria i paradigmi dei verbi greci e ci arrovellavamo sulle versioni latine, la figura di Giovanni Pini ha accompagnato me e i miei compagni di classe, oscillanti fra la delusione di non averlo avuto come insegnante e il “sacro terrore” che incutevano le leggende metropolitane su di lui:
“Mi raccomando, non dite mai “Giasòne”, si dice “Giàsone”: se ci fosse Pini all’esame, potrebbe bocciarvi per una cosa del genere!”…
“Quando c’era Pini al triennio la maggior parte degli alunni aveva l’insufficienza in latino e greco… ”.

E così via.

Il ricordo più nitido risale al terzo anno delle superiori: la prof. di latino ci lesse ad alta voce un passo della lettera che Pini aveva scritto al momento del pensionamento, una sorta di testamento spirituale rivolto agli alunni e ai colleghi.
Le brillavano gli occhi e le vibrava la voce: era un invito a coltivare la conoscenza dei testi in lingua originale come strumento insostituibile di indagine, un invito ad andare alla radice delle cose, a confrontarsi direttamente con le fonti, senza accontentarsi del “sentito dire”.

Insomma, quella di Giovanni Pini al Liceo di Faenza è stata una presenza insostituibile anche per una generazione come la mia che non l’ha mai avuto come insegnante. Pini, del resto, non era solo un’autorità in fatto di latino e greco: Pini “era” il latino e il greco.

Ho conosciuto di persona Giovanni Pini solo in seguito: ho avuto l’occasione di incontrarlo per un’intervista per il settimanale Il Piccolo, quando, negli anni dell’università, facevo il corrispondente per la cronaca locale da Solarolo.

Mi avevano chiesto di dedicare ogni due settimane un articolo ad una persona importante del paese. E fu così che presi il coraggio a due mani e decisi di intervistarlo, pur con profondo timore reverenziale. In verità spesso lo avevo incrociato per strada, mentre si spostava in bicicletta tra Solarolo e Felisio, dove risiedeva da quando era andato in pensione. Ma non avevo mai osato fermarlo.

La conoscenza diretta fu una vera sorpresa: l’affabilità e la schiettezza del professore, insieme ad una intelligenza vivissima e a una competenza non comune, erano la cifra umana che lo rendevano “un mito”, come lo definirebbero oggi i ragazzi. E questo spiega la stima che si era guadagnato da parte di quanti avevano avuto la fortuna di conoscerlo (anche di quelli che non brillavano nelle sue materie).

Mi raccontò degli anni lontani della giovinezza e di quelli terribili della guerra, quando, rifugiato nella sua casa nelle campagne di Solarolo, assistette prima all’uccisione del soldato tedesco e poi alla rappresaglia dell’eccidio di via Felisio.

Mi raccontò poi della passione per l’insegnamento legata alla facilità, per lui, dello studio delle lingue antiche; del successivo abbandono della scuola, quando l’impegno era divenuto troppo gravoso, in nome dell’altra grande passione della sua vita, la pittura; e degli anni dedicati alla traduzione dal greco degli Stròmati di Clemente Alessandrino, di cui non esisteva prima alcuna traduzione italiana. E nel racconto si affacciavano ogni tanto qua e là, quasi celati per un senso di discrezione, gli affetti più cari, la moglie, i figli, le nipoti allora bambine.

Da quel giorno, quando lo incontravo (di solito all’uscita dalla messa domenicale), mi salutava con calore e si informava della situazione della scuola, degli studenti e del lavoro degli insegnanti (nel frattempo ero diventato anch’io professore di latino e greco). Poi la vita mi ha portato altrove e negli ultimi anni non ho avuto più contatti con lui.

Ora che se ne è andato, mi resta il rimpianto di non avere avuto più tempo per godere della straordinaria ricchezza da cui ti sentivi pervaso dopo due chiacchiere con lui o anche solo per porgergli le domande giuste dopo aver riflettuto sulle cose che ti aveva detto.

C’è una parola latina quasi intraducibile in italiano, che mi si presenta alla mente quando penso al professor Pini: “humànitas”. E’ una parola il cui significato è difficile da spiegare agli studenti: significa “senso di umanità”, “attenzione ai propri simili”, ma anche “cultura”, “ponderazione”, “capacità di discernimento” e tanto altro. Una parola che esprime “un orizzonte d’attesa”, più che un semplice concetto.

Ecco: se c’è un uomo che per me ha incarnato l’ideale dell’humànitas, se c’è una persona che può essere indicato quale sintesi perfetta di quell’orizzonte, questo è stato, o meglio, questo è Giovanni Pini.

Grazie, professore! Sarebbe per me un grandissimo onore, se potesse accettarmi come uno dei suoi scolari, quello dell’ultimo banco, che ha sempre desiderato seguire le sue lezioni, ma non c’è mai riuscito perché la vita l’ha portato altrove.

sabato 26 dicembre 2020

2021-01 - PERLINE COLORATE di Giorgio Montanari



di Giorgio Montanari

PERLINE COLORATE

La Galereja di persunegg de mi paes

Chi chi è!!! Sono abbastanza lontani gli anni in cui scrissi questo lungo elenco di cittadini solarolesi in piena attività,che,purtroppo è andato perduto. Ho provato a cercarlo nei meandri della memoria, mò l’è una gara dura arcurdes tòt i nom che alòra aj aveva més in fila. E’ comunque la foto di una epoca. Dopo anni di lotta eravamo riusciti a strappare l’amministrazione comunale ai socialcomunisti ed avevamo eletto Sindaco Marco Guerrini con una nuova giunta. Un vento nuovo spirava sulle sorti del nostro paese. Per quanto riguarda la panoramica che avevo stilato allora accontentatevi di quel che passa il Convento:

In Cumò uj è Marco d’Xela
‘ti fotografì Manela.
Intla Zonta uj è Fiuret
sempr’in piaza Mainet.
Intl’Anagrafè Cenzino.
e pr’al bes-ci Marabino.
Par l’Ascens uj’è IIariòn
pre canél uj sta Biasòn.
Inte sport uj’è Zaché
a Villa Rampi uj’è Mundé.
Ti caplòn uj’è Casona
inte zil uj’è la lona.
Al beli ca ulì fa Sparnàz
e’Squiz invezì, un fa un caz.
Ti mazlìr uj’è Piré
e alè dri uj’è Quinté
E pio avanti Enzo e’barbìr
e un garzòn c l’impera e mstìr.
Intla stala e’Galinaz
e intl’eletrica Smujaz.
A ‘lze al sbar uj’è Pasquali
e intla fruta Cardinali.
In staziòn uj’è Bererd
e intal pal uj’è Majerd.
Inti pol uj’è Pompeo
a purte al letar, uj pensa Neo.
Inse camion uj’è Bramé
ti sinsel uj’è Maré.
Inti autesta uj’è Gustòn
‘ti spazèn uj’è un gayòn.
Inti fréb uj’è armast Gori
e a fer e’cinema Grigori
Inti lot uj’è Lumì
e inti pozal Gibarnì.
Te Fanfani uj’è Frischì
‘ti prutest uj’è Palì.
In pulética e’Murì
e ‘tla banda uj’è Piri.

Ma l’elenco continuava...

2021-01 - L’angolo della cucina: Passatelli, Finta Trippa, Sugal Romagnoli

   Grazia Tamba  
         # I PASSATELLI ASCIUTTI
        UN’ALTERNATIVA AI CLASSICI PASSATELLI IN BRODO

        # FINTA TRIPPA
         UN PIATTO VELOCE, GUSTOSO ED ECONOMICO

        # SUGAL ROMAGNOLI
         CREMA DOLCE CON MOSTO D’UVA E PANGRATTATO

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# I PASSATELLI ASCIUTTI
UN’ALTERNATIVA AI CLASSICI PASSATELLI IN BRODO

 INGREDIENTI PASSATELLI
- 400gr. Pangrattato
- 400gr. Parmigiano reggiano
- 80gr. Farina
- 10 uova (circa)
- Sale e noce moscata Q.B.

INGREDIENTI CONDIMENTO
- Pomodorini pachino
- Rucola
- Speck
- Olio d’oliva
- Scaglie di grana

PROCEDIMENTO

Impastare il pangrattato con parmigiano grattato, la farina, il sale, la noce moscata e le uova
fino ad ottenere un impasto sodo.
Mettere l’impasto in un sacchetto di plastica e lasciarlo riposare in frigorifero per qualche ora
(si può fare anche la sera prima). Lavorare l’impasto con il tradizionale ferro: o in alternativa con lo schiacciapatate, nel frattempo facciamo bollire una pentola con acqua salata.
Quando bolle immergere i passatelli ed attendere che affiorino in superficie per scolarli
e passarli sotto l’acqua fredda per fermare la cottura.
Rovesciarli in un vassoio capiente e condirli con l’olio di oliva , aggiungere poi i pomodorini e la rucola tagliati a pezzi.
Aggiungere lo speck tagliato a strisce sottili e per ultimo le scaglie di grana.
Servire a temperatura ambiente.

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# FINTA TRIPPA
UN PIATTO VELOCE, GUSTOSO ED ECONOMICO

INGREDIENTI FRITTATA
- Uova
- Parmigiano reggiano
- Sale
- Latte Q.B.

INGREDIENTI CONDIMENTO
- Cipolla tritata
- Carota tritata
- Pomodori a cubetti (in scatola)

Sbattere le uova con il parmigiano, il sale ed un goccio di latte.
Fare delle frittate sottili, quando sono fredde tagliarle a listarelle come le tagliatelle.
Se volete un piatto più digeribile vi consiglio di stendere il composto delle uova sbattute sulla piastra ricoperta con la carta da forno ed infornare a forno caldo per pochi minuti.
Quando il composto sarà asciutto sfornare e lasciare raffreddare per poi tagliarlo come per fare le tagliatelle.
A parte soffriggere cipolla e carote nell’olio, poi aggiungere i pomodorini a pezzi, salare e far
bollire per qualche minuto fino ad ottenere un buon sugo, aggiungere le tagliatelle di frittata e servire ben caldo.

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# SUGAL ROMAGNOLI
CREMA DOLCE CON MOSTO D’UVA E PANGRATTATO

INGREDIENTI
- Mosto d’uva, o uva bianca o nera
- Pangrattatto

PROCEDIMENTO
Prendere l’uva e pigiarla in una bacinella, poi passarla dal colabrodo per eliminare semi e
bucce.
Lasciare riposare il mosto ottenuto una notte.
Prendere poi il mosto e farlo bollire a fiamma bassa fino a quando si riduce della metà,
mescolando con un cucchiaio di legno.
Far riposare per circa due ore.

Travasare in un altro tegame lentamente evitando di metterci il “fondo”.

Rimettere sul fuoco e aggiungere il pangrattato a pioggia, fino ad ottenere una crema.
Continuare la cottura fino a farlo addensare.
Versare il composto in piatti piani e lasciarlo raffreddare.



venerdì 25 dicembre 2020

2021-01 - RICORDANDO GIGI D’LIVIO ...in una serata a lui dedicata (di Fosco Beltrani)


di FOSCO BELTRANI



RICORDANDO GIGI D’LIVIO
...in una serata a lui dedicata



Bonasera a tota sta béla zet
av cmand scusa par un mumet.
Aiò un gran nod a la gola
e quela cav cont adés la n’è una fola.

Vest c’aiò una zerta etè
a tot quant a voi arcurdè
che per tanti anni ha regnato qui
sua maestà Paganelli Luigi detto Gigì.

E su regn l’era propri acquè.
Detar a cla butega, la madona, fatt casè.
Ma in quel disordine organizzato
lui ci lavorava tranquillo e beato.

Il meccanico era il suo mestiere
ed era bello vederlo imbronciato tutte le sere
rimettere dentro in quel casino
tutte quelle biciclette e magari un motorino.

Gigì d'Livio

Dire che era poco bello non è certo una bugia.
E poi quando faceva gli occhiacci , oh mamma mia,
aiutava i nostri genitori, e questo è vero,
a farci temere quel losco figuro che è l’uomo nero.

Ma quando poi ti vedeva un po’ terrorizzato
ti si avvicinava tutto docile ed educato
e spronato dalla moglie, la santa China,
ti veniva incontro e ti prendeva la manina.

“Ma dai tu sei buono, non aver paura” esordiva
e con una carezza e un sorriso si finiva.
Camicia a quadri e larghi calzoni tenuti su da bretelle
le sue peculiari caratteristiche erano quelle.

Fra le labbra il bocchino
con mezza sigaretta e …lui era beato.
Ah dimenticavo, portava sempre
l’immancabile berretto sponsorizzato.

Se gli mancava qualcosa in tutto quel casino
con giubbotto e occhiali scuri inforcava l’amato motorino
e magari ti diceva “Dai ven d’ma, no ropar i quaiò
a veg a tu la roba a Imola da Marangò.”

Com’era quando ritornava carico
non riuscirò a spiegarlo mai
così agghindato a banderuola
da camere d’aria, copertoni e telai.

Telai che poi lui con professionalità montava
e con il suo logo marchiava.
Se qui fuori ogni tanto si sentiva magari un fringuello
state pur certi che non era di sicuro un uccello,
ma l’abilità nell’usare per richiamo il fischietto
che rendeva Gigì d’Livio un chioccolatore perfetto
e i d’geva, e questa l’è bona,
che faseva dé l’ela neca a la cirlona.

Una cosa che sembrerà una contraddizione
è che amava gli animali e la caccia era la sua passione.
Nel rapporto con la natura a modo suo era perfetto.
Di sicuro non aveva accanimento, ma tanto rispetto.

Per nutrire i colombi di Solarolo di certo non si risparmiava.
Ed era bello vederlo con un passero in mano che dalle sue labbra mangiava.

Signori è bello ricordare,
ma a me fa molto pensare
e oggi mi pongo una domanda, sono ad un grande bivio:
“E’ meglio adesso o quando c’era Gigì d’Livio?”

giovedì 17 dicembre 2020

2021-01 - L’Acmella Oleracea


di PAOLA MAINETTI

L’Acmella Oleracea, come molte piante medicate, fu scoperta per caso. Nel 1974 l’antropologa Francoise Barbira-Fredman si trovava in un aremota foresta in Amazzonia, presso una tribù di discendenti degli Inca, dal suggestivo nome di “Guerrieri delle Nuvole” quando venne colpita da un terribile mal di denti. Nella tribù non c’era un dentista, ma un rimedio dagli effetti miracolosi sì: una misteriosa pianta dai fiori gialli che le fece scomparire il dolore come per incanto. L’erba, battezzata dagli studiosi Acmella Oleracea, entrò a far parte delle sostanze analgesiche a disposizione della medicina occidentale. Dopo diversi anni un neurofarmacologo di Cambridge le chiese di portargli alcuni esempi di piante con effetti sul sistema nervoso. Allora la Dottoressa si ricordò di quell’esperienza e incontrò i suoi colleghi peruviani per chiedere loro il permesso di portare a Cambridge quella pianta miracolosa. Gli indigeni usano la pianta abitualmente per la pulizia dei denti, e la coltivano in una riserva utilizzata dalla comunità e che funge da “farmacia indigena”. Ma quello analgesico non è l’unico effetto dell’esotica pianta. L’Acmella è stata anche scoperta dall’industria cosmetica grazie ad un’altra proprietà miracolosa, ovvero quella di antirughe naturale effetto lifting, simile per capirci a quello che sortisce il ben più noto botulino. La pianta, grazie allo Spilantolo che contiene reca benefici sul reticolo di collagene della pelle, contribuendo a rassodarlo. L’estratto di Acmella quindi è utilizzato come antidolorifico,come botulino naturale, ma anche come diuretico e per il mal di stomaco. 

 
ACMELLA OLERACEA

Il fiore dell’Acmella Oleracea è di colore giallo-rosso ed è per questo che la pianta viene anche indicata col nome di “Fiore Giallo”. Il fiore, se masticato porta ad un intenso aumento della salivazione, pizzicore a livello della mucosa buccale, sensazione di freschezza in bocca, lingua come anestetizzata. La pianta è commestibile: le foglie possono essere consumate a crudo in insalata o cotte nelle zuppe. Ha un sapore piccante che ricorda il pepe. Il nome botanico della pianta è “Spilanthes Oleracea” o “Acmella Oleracea”. Il nome volgare è “Pianta del Mal di Denti” o “Fiore Elettrico”.
Appartiene alla famiglia delle Esteracee. I principali costituenti della pianta sono le alchilammidi responsabili delle attività diuretica, antibatterica, anti infiammatoria e anti age cartteristiche della pianta. L’ammide isolata dall’Acmella Oleracea e maggiormente studiata è lo Spilantolo. I polimeri naturali che mostrano attività anestetica sono di grande interesse perchè mostrano bassa todssicità , alto assorbimento e buona capacità di risolvere il gonfiore in un tempo sufficientemente limitato. Gli oppiacei attualmente usati a scopo anestetico in fase post-operatoria e in caso di ferite profonde presentano importanti effetti colaterali come depressione respiratoria, nausea, vomito, ritenzione urinaria, costipazione. Gli antibiotici utilizzati per prevenire e curare le infezioni per tempi prolungati inducono un’aumento della resistenza. Gli anestetici per uso topico più largamente utilizzati come Emla (2,5% lidocaina e 2,5% prilocaina), Lidocaina 5%, Benzocaina 20% presentano costi elevati ed effetti collaterali importanti come cardiotossicità e neurotossicità. L’Acmella Oleracea attraverso la sua azione anestetica e anti infiammatoria riduce il dolore e aumenta la cicatrizzazione delle ferite, per questo motivo è utilizzata per il trattamento del mal di denti e disturbi che interessanmo gengive e gola. La formulazione sviluppata con estratto di Acmella Oleracea ha mostrato un effetto anestetico simile a quello ottenuto con l’utilizzo di Emla. Anche l’azione diutretica dell’Acmella è dovuta alla presenza dello Spilantolo. Quest’ammide agisce sul simporto Na-K-2Cl e sul canale dell’Acquaporina 2.
Il simporto Na-K-2Cl è responsabile per il 25% del riassorbimento di Na dal rene, regola il volume di fluido circolante nell’organismo e controlla la pressione sanguigna. Furosemide e Bumetanide sono i più diffusi farmaci di sintesi antagonisti funzionali del simporto Na-K-2Cl. Sono tra i più potenti farmaci anti ipertensivi ad oggi disponibili. La loro efficacia però diminuisce nel tempo e l’uso cronico porta all’attivazione del sistema reninaangiotensina. L’Acmella Oleracea a distanza di una sola ora dalla somministrazione mostra un effetto diuretico simile a quello indotto dalla furosemide, con un aumento dei livelli di Na+ e K+. Quindi l’Acmella può agire come diuretico riducendo l’attività del simporto Na-K-2Cl. I principali fattori che causano ulcere gastriche sono l’Helicobacter Pylori e l’uso di FANS (farmaci anti infiammatori non steroidei). Gli antagonisti dei recettori H2 e gli inibitori della pompa protonica sono i farmaci di sintesi ad oggi utilizzati con azione gastroprotettiva, ma sono tutt’ora in corso studi che mirano a dimostrare che il loro uso a lungo temine provoca gravi effetti collaterali e interazioni farmacologiche. Un polisaccaride isolato dalle foglie dell’Acmella Oleracea, Rgal (Rhamnogalacturonan), somministrato per via orale ha mostrato attività gastroprotettiva contro le lesioni acute indotte da etanolo. Rgal accelera la guarigione dell’ulcera gastrica cronicizzata, riduce i parametri anti infiammatori e lo stress ossidativo, mostrando un’attività anti ulcera molto interessante.
Potrebbe costituire una molecola di grande interesse per lo sviluppo di nuovi agenti anti ulcera, tuttavia a questo scopo sono necessari ulteriori studi. L’attività cosmetica è quella in cui ad oggi l’Acmella Oleracea è maggiormente utilizzata, grazie alla sua dimostrata azione miorilassante che porta ad un effetto botulino-like. L’estratto di Acmella è sempre usato in associazione con acido ialuronico, caffeina o olio di argan. Quando parliamo, sorridiamo o esprimiamo i nostri sentimenti, lo facciamo attravero espressioni del viso che quindi viene sottoposto a piccole contrazini quotidiane che a lungo andare determinano la formazione delle antiestetiche e detestate rughe. L’acmella deve la sua proprietà anti rughe allo Spilantolo, una sostanza molto simile al Carisoprodolo, un principio attivo sintetico usato per rilassare la muscolatura. La pianta risulta avere anche un effetto positivo sul reticolo di collagene.
In vivo gli estratti di Acmella sono stati testati su volontari in una formulazione al 2%. I risultati hanno mostrato un’azione ultra rapida dell’estratto (botox-like) e un’azione duratura dopo 28 giorni di trattamento. La profondità e la larghezza delle rughe si riducono, la pelle risulta più liscia e nettamente più soda. Un grande vantaggio è la sua origine naturale. L’Acmella rilassa la muscolatura, rassoda la pelle, ricompatta il derma grazie al suo estratto che già allo 0,25% stimola la forza contrattile dei fibroblasti.