di FOSCO BELTRANI
RICORDANDO GIGI D’LIVIO
...in una serata a lui dedicata
Bonasera a tota sta béla zet
av cmand scusa par un mumet.
Aiò un gran nod a la gola
e quela cav cont adés la n’è una fola.
Vest c’aiò una zerta etè
a tot quant a voi arcurdè
che per tanti anni ha regnato qui
sua maestà Paganelli Luigi detto Gigì.
E su regn l’era propri acquè.
Detar a cla butega, la madona, fatt casè.
Ma in quel disordine organizzato
lui ci lavorava tranquillo e beato.
Il meccanico era il suo mestiere
ed era bello vederlo imbronciato tutte le sere
rimettere dentro in quel casino
tutte quelle biciclette e magari un motorino.
Gigì d'Livio |
Dire che era poco bello non è certo una bugia.
E poi quando faceva gli occhiacci , oh mamma mia,
aiutava i nostri genitori, e questo è vero,
a farci temere quel losco figuro che è l’uomo nero.
Ma quando poi ti vedeva un po’ terrorizzato
ti si avvicinava tutto docile ed educato
e spronato dalla moglie, la santa China,
ti veniva incontro e ti prendeva la manina.
“Ma dai tu sei buono, non aver paura” esordiva
e con una carezza e un sorriso si finiva.
Camicia a quadri e larghi calzoni tenuti su da bretelle
le sue peculiari caratteristiche erano quelle.
Fra le labbra il bocchino
con mezza sigaretta e …lui era beato.
Ah dimenticavo, portava sempre
l’immancabile berretto sponsorizzato.
Se gli mancava qualcosa in tutto quel casino
con giubbotto e occhiali scuri inforcava l’amato motorino
e magari ti diceva “Dai ven d’ma, no ropar i quaiò
a veg a tu la roba a Imola da Marangò.”
Com’era quando ritornava carico
non riuscirò a spiegarlo mai
così agghindato a banderuola
da camere d’aria, copertoni e telai.
Telai che poi lui con professionalità montava
e con il suo logo marchiava.
Se qui fuori ogni tanto si sentiva magari un fringuello
state pur certi che non era di sicuro un uccello,
ma l’abilità nell’usare per richiamo il fischietto
che rendeva Gigì d’Livio un chioccolatore perfetto
e i d’geva, e questa l’è bona,
che faseva dé l’ela neca a la cirlona.
Una cosa che sembrerà una contraddizione
è che amava gli animali e la caccia era la sua passione.
Nel rapporto con la natura a modo suo era perfetto.
Di sicuro non aveva accanimento, ma tanto rispetto.
Per nutrire i colombi di Solarolo di certo non si risparmiava.
Ed era bello vederlo con un passero in mano che dalle sue labbra mangiava.
Signori è bello ricordare,
ma a me fa molto pensare
e oggi mi pongo una domanda, sono ad un grande bivio:
“E’ meglio adesso o quando c’era Gigì d’Livio?”