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venerdì 2 aprile 2021

2021-02 - I protagonisti della Banda - Il Prof. Raffaele Babini, per tutti Raflè d’Zanfara

di Fabio Baldi
Tra le varie peculiarità che identificano l’anima di Solarolo, vi è quella di possedere, da oltre 200 anni, una propria banda musicale. Si tratta di una istituzione che oltre ad avere una componente culturale profonda e radicata nel tempo, rappresenta un importante momento di aggregazione per tutta la comunità. In un periodo di tempo corrispondente agli anni 70 e 80, almeno la metà dei ragazzi solarolesi si è cimentata nello studio di uno strumento musicale.

Io ero uno di questi. Fin da bambino iniziai a frequentare la scuola di musica entrando poi a far parte della banda nella primavera del lontano 1978. Per me fu quello il primo vero incontro con il mondo degli adulti. In quell’ambiente trovai personaggi schietti, autentici, ormai difficili da trovare nella nostra attuale società. E’ con il ricordo e una breve narrazione di alcuni di loro, che vorrei dare una descrizione di quell’ambiente nel periodo che ha rappresentato l’adolescenza e la gioventù di chi, come me, è nato negli anni sessanta. Inizio con il primo protagonista della banda con cui venni a contatto.

Claudio Folli, Davide Cassani e il Prof.Raffaele Babini

Prof. Raffaele Babini, per tutti Raflè d’Zanfara

Era l’insegnante che teneva il corso di scuola di musica per i clarinetti e i saxofoni. Io lo ricordo alto, magro, con gli occhiali e la sigaretta sempre accesa. Era un bravo maestro: metteva subito a proprio agio i nuovi allievi e con estrema semplicità ci insegnava la divisione del tempo, prima ancora che alle scuole elementari, avessimo affrontato il concetto matematico delle frazioni.
Contrariamente a quanto avviene oggi, la parte didattica dedicata al solfeggio, durava tantissimo tempo, e lui sapeva come rendercela meno noiosa. In seguito, a partire dal secondo o terzo anno di studi, per chi era in grado di suonare discretamente, si aprivano le porte del palcoscenico della sala del cinema (oggi purtroppo demolita) dove ogni anno, a fine corso, si teneva un saggio molto atteso da genitori, parenti e amici.

Raggiungere quel traguardo, che sarebbe stato il preludio all’entrata a far parte della banda, non era però semplice perché non tutti gli allievi erano intenzionati ad impegnarsi. Ciò era abbastanza frequente, in quanto la scuola di musica era completamente gratuita. In questo modo si permetteva la frequentazione ai ragazzi meno abbienti, ma anche a tutti coloro, che non erano interessati alla musica.

In un mondo dove non ci si incontrava sui social, frequentare il corso della banda era una bella occasione per uscire, incontrare gli amici e giocare. Tutto ciò era favorito dal fatto che le lezioni erano individuali, per cui sia prima, che dopo il proprio turno, c’era la possibilità di trascorrere del tempo con gli amici. Le lezioni avevano luogo in una porzione di corridoio al piano primo all’interno dell’edificio delle scuole elementari.

Noi ci soffermavamo nel corridoio del piano terra per giocare, far la lotta, chiacchierare e comunque far baccano. A volte, infastidito dall’eccessivo rumore e con il timore (fondato) che ci potessimo far del male, Raflè si affacciava dalle scale e faceva due urli minacciosi: “ne parlo con i vostri genitori, non vi faccio più venire” …sapevamo che non lo avrebbe fatto, ci voleva bene ed era una persona buona e tollerante.

Lo era, a suo modo, anche con chi ideologicamente non la pensava come lui, che era militante di sinistra. Oggi questo concetto sembra scontato, ma non lo era in quel tempo di forte contrapposizione politica tra comunisti e democristiani.

Era anche un ottimo strumentista ed esecutore, col clarinetto, degli assoli che arricchivano il repertorio della banda. Tutto questo però mi è stato solamente raccontato. Non ebbi mai la soddisfazione di suonare in banda con lui perché prima che io ne entrassi a far parte, una brutta malattia se lo portò via.

[ F.B. ]