di Giorgio Montanari |
La Galereja... di persunegg de mi paes
E’ dutor Jago d’Sintaja!
Jago Drei nato a Slarol in ca d’Sintaja, figlio di Tiglio de’ Frab e quindi solarolese doc, si laureò in medicina nel lontano 1958, specializzandosi poi in Pediatria ed Igiene. Fino al 1965 prestò servizio presso l’Ospedale di Castelbolognese, esercitando nel contempo anche la libera professione a Solarolo. Recentemente ho letto su Facebook come valutava il nostro cerusico la gente di Solarolo, temporibus illis. La signora Luisa Bandini ha scritto in un post:
“ Mio babbo diceva che il Dott. Drei mi aveva salvato la vita quando ero piccola.”
Il signor Paolo Cani scrive:
“Il miglior dottore che abbia mai visto a livello umano e professionale.”
E potrei continuare... credo comunque che basti per concludere che se il buon giorno si vede dal
mattino... andiamo da Dio!
Questa fama di bravo cerusico, preparato, disponibile, attento e scrupoloso, non l’ha mai
abbandonato, nemmeno a Villa Vezzano e a Brisighella, dove ha prestato la sua opera fino alla
pensione.
I suoi pazienti alla fine della sua lunga carriera professionale, lo hanno festeggiato, dedicandogli
un significativa zirudela, nella quale lo glorificavano come cerusico, elencando anche i suoi
meriti come abile cacciatore, eccellente pittore, esperto di musica classica ed infine come
appassionato cantante lirico, non professionista..
Ha avuto in cura durante il suo, direi quasi apostolato, anche diversi artisti, tra i quali i famosi
ceramisti Cornacchia Adelmo e Walter Bartoli con la consorte Velda Ponti pittrice eccelsa, nota
anche per avere primeggiato per oltre un mese a “Lascia e raddoppia“ nel 1957.
Non solo, ma è stato anche medico personale ed amico di uno dei più celebrati pittori del 900,
l’eclettico artista Mattia Moreni, che viveva nelle Calbane.
Inoltre ha avuto l’onore ed il piacere di avere come paziente perfino il Cardinale Achille Silvestrini,
uno dei più potenti ecclesiastici del Vaticano, già Ministro degli Esteri e non solo, scomparso non
molto tempo fa.
Il Cardinale si era così affezionato al nostro compaesano da invitarlo insieme alla signora Emilia
a casa sua a Roma, nella palazzina della Zecca entro le mura del Vaticano, coprendoli di ogni
attenzione e facendo loro da cicerone nei Musei Vaticani e nella incomparabile Cappella Sistina.
Nel periodo della maturità Jago ed Emilia avevano aperto le porte della loro villa situata in
mezzo al verde di Villa Vezzano a personalità autorevoli e ad illustri artisti, facendola diventare
una sorta di cenacolo.
Da loro potevi incontrare il Pretore di Faenza dott. Piero Tortolani, il magistrato-scrittore
Giuseppe Toni, meglio noto come Pino dla Maistrena, solarolese doc con la consorte Bice, pittrice
di grande talento, oltre al già citato Mattia Moreni, artista multiforme di alto profilo, degno di
stare sullo stesso piano del celeberrimo Picasso.
Questo è stato ed è Jago Drei nella sua veste ufficiale, ma io non potevo non andare a scovare anche le passioni giovanili del nostro cerusico!
Sapevo che si era dedicato al calcio, perché nella squadra ufficiale di Solarolo in cui militava lui, c’eravamo anche io e Peval, suo fratello, che Dio l’abbia in gloria!
E sapevo anche che amava la caccia in tutte le sue forme, perché in quegli anni accompagnava spesso lo zio Cencio e Zig, un “uccellatore” di chiara fama, nelle campagne attorno al paese, a caccia con le reti, anche laterali, sempre munito di richiami, a dir poco, eccezionali.
Ma che praticasse anche il ciclismo e cantasse con voce tenorile nelle case private non lo sapevo.
Me lo ha scritto la prof. Maria Morini di Solarolo, meglio nota come Maria d’Gnezi, precisandomi che coi suoi sodali Tino de’ Dazir e Arrigo e’ fiol de Sendic Tellarini andavano spesso a Marradi, Modigliana, Ghiandolino, Fontanelice e scalavano perfino il passo del Muraglione, e quello della Colla, imprese epiche per quei tempi cun dal biciclitazi e dal stre non asfaltedi! (con delle biciclettacce e delle strade non asfaltate).
Ma la sgambata regina fu quella che, con le strade dissestate di allora, piene di buche e di sassi sparsi sulla carreggiata, fecero Jago e Tino da Solarolo fino in Piazza della Signoria a Firenze, dove c’erano le ragazze che avevano viaggiato in treno, ad attenderli.
Nel viaggio di ritorno con qualche ciclista in gonnella al seguito, viaggio che durò un giorno intero, ne successero di tutti i colori.
Ad un certo punto quando Solarolo era ancora lontano, finirono i tubolari ed essendo domenica fu impossibile trovare un meccanico e quindi i nostri eroi si sedettero ai margini della strada in attesa della... divina Provvidenza!
“Allora comparve Arrigo, come un angelo salvatore” narra la Morini ”con una scorta di tubolari, che aveva deciso di venire incontro ai suoi amici.” “A Faenza” racconta ancora Maria “forai anch’io e il viaggio finì a sera con me sul cannone di Jago e la mia bici condotta a mano da Arrigo”. Per quanto infine riguarda le performances di Jago e dei suoi amici nelle vesti di cantanti lirici... a domicilio... ecco quanto mi riferisce la solita Maria: “Certe sere, poi, gli spettacoli si inventavano con qualche straccio addosso. I presenti, a parte noi di casa, erano quattro o cinque: Tino, Jago Drei, Arrigo Tellarini, Mino Mainardi,,, ecc. Erano in ordine, soprano, tenore, baritono e basso. Ricordo, in particolare, il finale dell’Aida di Verdi con Tino (Aida)
e Jago (Radames) cantato nella “tomba” costituita dal sotto tavola della mia cucina.”
Il nostro cerusico, dobbiamo riconoscere che non si è proprio fatto mancare nulla!
Dimenticavo di dirvi che ha perfino intervistato per conto del giornale locale “Il Senio“ il giudice Pino dla Maistrena quando pubblicò il suo primo libro “La gente del mio paese” e scritto di caccia e di ornitologia a quattro mani con il predetto Pino.
Ma che Jago sia stato un personaggio straordinario lo devono riconoscere, secondo me, in qualche modo, anche i maggiorenti di Solarolo e gli addetti alla carta stampata locale!
Oggi Jago ha qualche problema agli occhi e quindi non legge più, ma è talmente innamorato del suo paese natio, che si fa leggere spesso dalla adorata moglie Emilia e dalla solare figlia Cecilia il mio libro “Parò Lì l’am guerda a me“ per ritrovare la gente del suo paese e per ricordare i fatti solarolesi accaduti durante la nostra giovinezza.
[ G.M.]