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giovedì 7 ottobre 2021

2021-04 - I protagonisti della Banda - Emilio Bologna ed Antonio Beltrani per tutti “Bulogna” e “Nino d’Barandel”

Fabio Baldi
I protagonisti della Banda

Emilio Bologna ed Antonio Beltrani
per tutti “Bulogna” e “Nino d’Barandel”





“Bulogna” era uno di quegli italiani, che, all’indomani della fine della seconda guerra mondiale, si videro costretti a lasciare l’ex Jugoslavia ed in particolare la citta di Pola dove viveva, per sfuggire alle rappresaglie delle milizie del Maresciallo Tito.

In seguito aveva girovagato per l’Italia aggregato ad una piccola compagnia di prosa itinerante fino a fermarsi in modo stanziale a Solarolo. Non penso che sapesse leggere la musica, ma era dotato di grande orecchio musicale, per cui riusciva a suonare con discreta capacità sia i piatti che la gran cassa .

Era un tipo scaltro e furbacchione, incline allo scherzo anche se poco propenso a riceverlo. Della sua esperienza di attore, conservava quella tipica teatralità che lo caratterizzava negli atteggiamenti e nel modo di conversare. Per questo risultava difficile a chiunque distinguere tra quando stesse scherzando da quando invece stesse dicendo cose vere. Nel dubbio nessuno lo prendeva del tutto sul serio.

“Nino d’Barandel” era invece un solarolese da sempre, un personaggio schietto, autentico e da tutti benvoluto. Una persona che trasmetteva un’ istintiva sensazione di buon umore, enfatizzata da una corporatura importante e una statura piuttosto bassa.
Anche il viso non era da meno, impreziosito da quei baffetti portati con grande fierezza e gli occhiali piccoli che nascondevano solo in parte gli occhi vispi ed ammiccanti.

A tutto ciò si aggiungevano le immancabili bretelle a reggere i pantaloni con il cavallo ancora più basso di quanto la stessa corporatura massiccia lo richiedesse.

Aveva un carattere focoso che gli procurava improvvisi sbalzi di umore. Era generalmente allegro, burlone, ma anche in grado di sfociare in improvvise arrabbiature appena qualcosa gli era contrario. Quando ciò avveniva, arrossiva ed improvvisamente sgranava gli occhi ed inveiva furiosamente col mazzuolo che utilizzava per percuotere la gran cassa. Poi tutto finiva e come d’incanto, tornava ad essere se stesso sorridente e burlone.


Con il Maestro Angelo Creonti aveva condiviso alcuni momenti bui della propria esistenza, quando, durante la guerra, si erano ritrovati insieme, all’estero, prigionieri delle forze naziste.

Questo avvenimento li aveva resi molto amici, quasi fratelli. Eppure, non era mai venuto meno quel rispetto referenziale che intercorreva tra il bandista e il proprio maestro. Durante le prove, ogni qualvolta che Nino necessitava di spiegazioni, rivolgendosi al Maestro non si permetteva: “Angiulì cum’oia da fæ a què...” sempre invece “Maéstar, t’am é da parduné: dimm par piasé c’um c’ai ho da fæ a que”.

“Bulogna” e “Nino D’Barandel”, insieme, costituivano il reparto ritmico della banda suonando alternativamente piatti e gran cassa.

L’amicizia che li legava non sempre nascondeva le notevoli differenze caratteriali e culturali che li distinguevano, al punto che i litigi erano soventi, soprattutto dopo che entrambi avevano apprezzato qualche bicchiere di buon vino.

Generalmente era “Bulogna” che attizzava il compagno. Fu così anche quella volta, che a Comacchio, per uno dei maggiori e più importanti servizi dell’anno, durante l’esecuzione di un pezzo del concerto, “Bulogna” si accorse che il compagno era distratto. A quel punto, nonostante il particolare momento di silenzio dovuto all’assolo del clarinetto, finse di colpire la grancassa con grande veemenza per poi fermarsi all’ultimo momento.

Il povero Nino, sapeva che i battiti dei piatti, che lui stava suonando, sono generalmente sincronizzati con quelli sulla gran cassa e appena si accorse del movimento del compagno, rispose con un gran colpo di piatti.

Nel silenzio, rotto solo dalla voce flebile del clarinetto, il colpo fece sobbalzare il Maestro Creonti, che emise la prima imprecazione. Le altre, alla fine della esecuzione, furono inenarrabili e “Bulogna” si salvò dalle ire furibonde di Nino solo per miracolo.